Marzo 8, 2024

La Congiura di Macchia

Ordita da alcuni Aristocratici napoletani nel 1701 a sostegno degli Asburgo d’Austria, si inquadra nel più complessivo contesto della guerra di Successione spagnola.

Mutuò il nome da Gaetano Gambacorta Principe di Macchia e si trattò di un complotto attraverso il quale la Nobiltà partenopea tentò di rovesciare il governo vicereale spagnolo, durante la crisi successoria che si verificò a seguito della morte di Carlo II e della estinzione del ramo spagnolo degli Asburgo.

Gli antefatti

In una rissa tra Borghesi partenopei e Militari spagnoli, un paio di questi Ultimi erano stati uccisi da Gaetano Gambacorta Principe di Macchia e la circostanza gli era valsa la fama di antispagnolo, tanto più perché erano già oggetto d’indagine per cospirazione un suo zio e un suo fratello.

Quando fu organizzata la congiura che assunse il suo nome, tuttavia, Egli era a Barcellona al comando di un Reggimento di Fanteria napoletana di stanza in Catalogna.

In attesa della morte di Carlo II e nell'incertezza delle sorti che ne sarebbero derivate al regno, la cospirazione fu orchestrata sotto il Viceré Duca di Medinaceli da un gruppo di Aristocratici e suo primo centro fu in un sito in cui si era rifugiato il Principe della Riccia.

Il programma dei Congiurati consisteva nell’aggregare Personaggi ostili all’Autorità centrale, come il Principe di Caserta e il Marchese del Vasto e, a conferire importanza alla trama, fu il Principe di Chiusano Tiberio Carafa: di fatto reale Regista degli eventi.

Egli, che aspirava all’indipendenza del regno e al recupero dei diritti della Nobiltà, indusse i Sodali alla costituzione di un solido partito in grado, alla morte di Carlo II, di trasferire il governo alle piazze di Napoli perché da esse maturasse l’elezione di un Re estraneo alle prepotenze esterne nella successione.

Partito da Napoli nel maggio del 1700, fece una breve sosta a Roma e proseguì per Venezia per sollecitarne il sostegno.

Quando Carlo II si spense, l’Imperatore Leopoldo che ne ebbe notizia il 20 novembre, permise ai Congiurati di porre sul trono il proprio secondogenito Carlo ma, il giorno dell’Epifania del 1701 fu, invece, acclamato Filippo V.

I Ribelli, allora, intensificarono le attività e decisero di darsi un Capo militare individuandolo nel Principe di Macchia, che rientrò a Napoli: incoraggiati da false promesse dei Ministri imperiali e decisi a impadronirsi di Castelnuovo e del Viceré, tentarono il colpo tra la notte del 22 ed il giorno del 23 settembre, consentendo alla Plebe il saccheggio; ma, traditi, furono attaccati dalla Milizia spagnola e si dettero alla fuga.

I fatti

Già prima della morte di Carlo II di Spagna aveva preso corpo, in alcuni circoli aristocratici del regno, un movimento che puntava ad un cambio di regime da attuarsi nella fase di transizione e di disordine amministrativo, a parere dei Congiurati scaturente dal decesso del Sovrano di Spagna; tuttavia, alla scomparsa di Costui, la successione del designato Filippo V non produsse mutamenti politici di rilievo: il Viceré Luis Francisco de la Cerda Y Aragón fu confermato nell’incarico e sfumò la speranza di maggiore autonomia.

Maturò allora l’esigenza di una congiura condivisa da Alleati affidabili e si ritenne che l’unico in grado di opporsi ai Borbone di Spagna e di Napoli fosse l’Imperatore.

Molta Nobiltà partenopea ostile all’Autorità vicereale e al nuovo Re si raccolse.

Era il momento di cedere il regno ad un Sovrano filoasburgico e di garantire indipendenza politica, economica e sociale all’edificio monarchico meridionale.

Era il momento di espellere l’Inquisizione spagnola.

Era il momento di riservare le posizioni nell'amministrazione e nel governo ai Cittadini del regno.

Era il momento di eliminare le barriere all'esportazione dei prodotti agricoli: principale fonte di reddito della grande Aristocrazia fondiaria.

I Congiurati inviarono a Vienna da Leopoldo I il Legato Giuseppe Capece dei Marchesi di Rofrano: le sue richieste furono ascoltate ed accolte, pur senza precisi impegni nell’invio di un supporto militare.

Il Capo dei Cospiratori era il Principe di Chiusano Tiberio Carafa, sostenuto dallo zio Girolamo Malizia; da Carlo di Sangro Marchese di San Lucido; dal Marchese del Vasto Cesare Michelangelo d’Avalos; da Francesco Spinelli Duca della Castelluccia e da Gaetano Francesco Caetani Duca di Sermoneta.

L’esecuzione del piano fu tentata tra la notte del 22 ed il mattino del 23 settembre del 1701. Gli Insorti fallirono nel tentativo di prendere Castel Nuovo ma riuscirono ad assicurarsi il controllo di Castel Capuano; devastarono le abitazioni di Funzionari del governo; aprirono i cancelli delle carceri e liberarono i Detenuti, che si unirono alla rivolta.

Si asserragliarono, poi, in posizioni strategiche: la Basilica di San Lorenzo Maggiore; la Basilica di San Paolo Maggiore e la Basilica di Santa Chiara; tuttavia l’Autorità centrale controllava saldamente le fortificazioni di Castelnuovo e Castel Sant’Elmo.

Il Viceré; i Lealisti e i Militari decisero di sondare la Pubblica Opinione componendo un corpo di spedizione capeggiato dalle figure più amate dal Popolo, a partire dal Principe di Montesarchio Andrea d’Avalos: nei quartieri popolari, già cruciali alla rivolta del 1647/1648, constatarono che essa non era supportata.

Carlo di Sangro fu allora arrestato; processato e giustiziato.

Giuseppe Capece fu ucciso.

Gli Altri ripararono dal Principe Eugenio e poi a Vienna.

La congiura era fallita!

Bibliografia

F. F. Gallo: La congiura di Macchia. Cultura e conflitto politico a Napoli nel primo Settecento

G. B. Vico: Principum Neapolitanorum coniurationis anni MDCCI historia

A. Granito: Storia della congiura del principe di Macchia

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