Febbraio 5, 2024

Casimiro III Piast

Nato il 30 aprile del 1310 a Kowal e morto a Cracovia il 5 novembre del 1370; figlio minore di Ładislao I Lokietek e di Edvige di Kalisz; ultimo Re della dinastia Piast, fu illuminato Re di Polonia.

Negli Statuti di Łaski del 1505-1506 fu detto Wielki, ovvero il Grande poiché, quando assunse il potere, la Polonia non aveva ruolo nello scacchiere internazionale: egli la rese Soggetto politico, raddoppiandone l’estensione territoriale pur non riuscendo a riconquistare la Slesia, Stettino e la Pomerania.

Perseguì vari obiettivi: proteggere il Paese dalle invasioni tartare; rafforzarsi attraverso l’assimilazione di forze rutene; acquisire le importanti rotte commerciali del Mar Nero e di Kiev; accaparrarsi il dominio dei ricchi centri ubicati nell’area praghese.

Fino alla fine del suo mandato, restò fedele all’obiettivo dei Piast di proporre la Polonia come Stato europeo occidentale dal nucleo compreso tra il bacino dell’Oder e la foce della Vistola.

Gli accordi con i Lussemburgo e l’Ordine teutonico rappresentarono un esemplare pragmatismo politico ed il congresso di Cracovia del 1364 coincise con il momento di massimo splendore della Polonia, quando Personaggi di spicco europei vi si recarono per discutere una eventuale crociata contro gli Ottomani.

Casimiro aveva già promosso l’Arte e la costruzione di edifici religiosi; incrementato lo Stato demograficamente favorendo la nascita di nuove città; sviluppando i commerci e riformando l'amministrazione e il Diritto.

Per Henryk Samsonowicz fu “…eroe dei tempi moderni invischiato nel Medioevo… “.

Per il Canonico boemo Pietro di Byczyna “…Ai suoi tempi fu un uomo potente della più grande prudenza nelle questioni secolari, preferì la pace e portò il Regno di Polonia in una buona condizione, dimostrandosi inoltre desideroso di costruire chiese e tutelando i propri confini ricostruendo castelli e fortificazioni. Malgrado, come si suol dire, fu oltremodo sfrenato e lussurioso, non lasciò eredi maschi….”

Per Długosz, egli “…trovò la Polonia fatta di legno e la lasciò in pietra…”

In politica estera: dopo aver versato ogni cura nelle relazioni col Regno di Boemia e l’Ordine teutonico, nel 1335 persuase il Sovrano ceco Giovanni di Lussemburgo a rinunciare ad ogni pretesa sul trono polacco; nel 1348, concluse la pace di Namysłłów che gli mantenne i diritti sulla Slesia; a seguito dell’intesa di Kalisz del 1343, riconquistò la Cujavia e la terra di Dobrzyń, occupate dall’Ordine teutonico trascurando i propri interessi su Danzica; nel 1356 perse la Slesia per effetto del trattato di Praga.

L’Ungheria si rivelò il suo principale alleato e, grazie al suo sostegno, il Piast concluse con successo le campagne del 1340 nel Principato di Galizia/Volinia.

In politica interna: realizzò gli Statuti per rafforzare il sistema difensivo interno e sviluppare il livello di urbanizzazione e nel 1364 fondò l'accademia di Cracovia, preludio alla prestigiosa Università jagellonica.

Benché avesse avuto quattro matrimoni, non ebbe un erede legittimo sicché gli successe il nipote Luigi I d’Ungheria.

La vita

In sede battesimale gli fu imposto il nome del nonno Principe di Cuiavia e, quando i due fratelli maggiori Stefano e Ladislao si spensero, rispettivamente nel 1306 e nel 1312, divenne Erede al trono.

Ebbe tre sorelle: Cunegunda, Elisabetta ed Edvige, con le quali condivise l’infanzia nel Wawel ove fu educato ed istruito dal diplomatico Ladislao I Spycimir Leliwita e dall’Avvocato Jarosław Bogoria da Skotnik.

Quando ebbe dieci anni, per effetto delle nozze della germana Elisabetta col Re magiaro Carlo Roberto d’Angiò, prese a frequentare Buda: capofila dell’intellighentia europea.

Al tempo, era stato già promesso sposo della Principessa ereditaria cèca Bona, Figlia di Giovanni di Lussemburgo, per risolvere la questione delle pretese di costui al trono di Polonia; tuttavia, verso il 1319 i Cèchi tradirono l’impegno e, nel 1321, fu scelta per il Principe una nuova consorte: Anna, figlia di Federico I d’Asburgo.

Anche questo progetto matrimoniale naufragò dopo il 28 settembre 1322, ovvero dopo la sconfitta asburgica nella battaglia di Mühldorf.

Consolidando, allora, il sodalizio polacco/lituano, il 16 ottobre 1325 l’ormai quindicenne, Casimiro impalmò Aldona, Figlia del Granduca di Lituania Gediminas: al battesimo ella assunse il nome Anna.

Nel 1329, per disposizione paterna, il giovane Principe svolse la prima missione diplomatica a Visegrád, definendovi l’alleanza con l’Ungheria contro la coalizione teutonico/cèca.

Fu nel perdurare di quel soggiorno che fu al centro di uno scandalo: alcune Fonti assumono che intrattenesse una relazione con Klara Zach, Cameriera di sua sorella Elisabetta; altre che si fosse reso, invece, colpevole di stupro in suo danno.

Entrambe le versioni chiamarono comunque in causa la complicità della Regina.

Il 17 aprile del 1330, intenzionato a vendicare l’onore della figlia, Feliciano Zach tentò di uccidere Casimiro ferendolo al braccio mentre la moglie Anna, nel tentativo di difenderlo, perse quattro dita della mano destra.

Il Cortigiano Giovanni Cselenyi uccise l’Aggressore, il cui corpo fu membrato ed esposto al pubblico; Klara fu sfigurata; i Parenti fuggirono dall’Ungheria.

La narrazione degli eventi, da più parti considerati un banale pettegolezzo, si deve a tarde Fonti dei Cavalieri teutonici e ad una cronaca rimata di Henryk von Mügeln.

Ancor prima di andare in Ungheria, nel febbraio del 1329 Casimiro aveva fiancheggiato il Padre nella campagna in Terra di Chelmo e il 26 maggio del 1331, in vista di un attacco simultaneo dei Teutonici e dei Cèchi a Chęciny, fu nominato Governatore della Grande Polonia, di Sieradz e della Cuiavia.

La designazione indusse il deposto Starosta Wincenty di Szamotuły a tradire la causa polacca: stabiliti contatti col Margravio di Brandeburgo, egli promise sostegno contro il trono impegnando gli uomini dei propri feudi e fu, pertanto, ritenuto responsabile di aver favorito l’Ordine teutonico nella invasione della Grande Polonia nel luglio del 1329, fino ad informare i Capi della presenza di Casimiro protetto da un fragile contingente a Pyzdry.

I Cavalieri irruppero sulla città il 27 luglio, ma rocambolescamente Egli si salvò.

Per settembre, la coalizione teutonico/lussemburghese progettò un grande assalto alla Polonia: alla notizia della morte imprevedibile del Duca Premislao di Głogów Premislao, il cui potere era rivendicato dal Duca filopolacco di Świdnica Boleslao II, Giovanni di Lussemburgo cinse d’assedio Glogów che capitolò il 2 ottobre impedendo alle truppe cèche di congiungersi alle teutoniche alle porte di Kalisz: prive di supporti, esse adottarono la ritirata durante la quale si combatté la battaglia di Plowce.

Dopo il 15 agosto 1332, Casimiro condusse una incursione nella terra di Chełmno ma, per pressioni papali, i contrasti si risolsero in una tregua a Drwęca ove la Parti convennero di affidarsi all'arbitrato di Carlo Roberto e Giovanni di Lussemburgo. Successivamente, però i Polacchi attaccarono Głogów per aver tradito l’accordo e il Piast guidò l’offensiva su Kościan.

Incoronazione e impegno politico

Ladislao I morì il 2 marzo del 1333.

Poco prima, aveva ordinato al figlio di recuperare la Cuiavia, espugnata dai Teutonici assieme alla terra di Dobrzyń e alla Pomerania.

Casimiro fu proclamato Sovrano all'unanimità, ma la Madre si oppose alla incoronazione della nuora Aldona assumendosi Regina unica.

Alla fine, costretta a cedere, si ritirò nel convento delle Clarisse di Stary Sacz.

Il 25 aprile il Primate Janislaw di Gnierzno incoronò a Cracovia la coppia reale.

A quel tempo la situazione era complessa: le relazioni con Brandeburgo non erano le migliori; il Ducato di Slesia, tranne Świdnica, Jawor e Ziębice e il Principato di Plock, riconobbero la sovranità boema; i restanti Principati della Masovia si tennero autonomi, ma i loro Signori espressero ostilità alla Corona.

Sullo sfondo di tali circostanze campeggiava il conflitto con i Cèchi.

E di più: il Principe Jurij di Galizia-Volinia, che sovente appoggiava Cracovia, era in uno stato di fragilità pari a Casimiro cui non poteva fornire alcun sostanziale sostegno e i rapporti col pagano Granducato di Lituania erano discreti ma un sodalizio con Vilnius avrebbe isolato la Polonia dal circuito internazionale: solo l’Ungheria offrì un appoggio comunque non cruciale, atteso che essa intratteneva relazioni con realtà statuali assai potenti.

La Politica del nuovo Sovrano

Quando il ventitreenne Piast assunse il potere nel 1333, lo Stato versava in serie difficoltà e si componeva di due province: la Grande Polonia e la Polonia, divise da due Ducati feudali: Sieradz e Łęczyca, amministrate da Cugini poco affidabili e la Cuiavia, la terra di Dobrzyń e la Pomerania occupate dall’Ordine dei Cavalieri Teutonici, con i quali era in atto una tregua in scadenza nel maggio dello stesso anno.

Incombeva, peraltro, la questione del titolo reale: sul piano formale Casimiro era Re di Cracovia, mentre Giovanni I di Boemia era il legittimo Sovrano polacco.

Una volta al trono, il Piast ritenne prioritario impedire la ripresa della guerra nella consapevolezza che i Cavalieri teutonici e i Lussemburgo avrebbero profittato della sua debolezza. Decise, dunque, di risolvere la querelle con i Primi attraverso l’arbitrato dei troni ungherese e cèco e di trattare la pace separata con Giovanni di Lussemburgo che, il 26 agosto del 1332, aveva emanato un atto in cui si impegnava con l’Ordine tedesco a non stringere mai accordi con il Re di Cracovia.

Era, pertanto, necessario aprire rapporti con i Wittelsbach e il primo passo verso una più stretta cooperazione passò per la definizione col Margravio Ludovico di Brandeburgo di un'intesa biennale sulla cooperazione di frontiera contro i saccheggi: la si formalizzò il 31 luglio 1333.

Quando Enrico si Carinzia si spense nell'aprile del 1335, fra gli Asburgo, i Wittelsbach ed i Lussemburgo si aprì un’aspra lotta di potere: l’intesa fra i Primi faceva del Re di Polonia un Alleato giusto a contrastare le mire degli Altri; sicché, il 16 maggio del 1335, a Francoforte sull’Oder una Ambasceria della Grande Polonia strinse un preliminare di solidarietà col Margravio Ludovico il Bavaro, fissandone la ufficialità al 24 giugno.

In quello stesso anno, a Visegrád Giovanni I di Boemia, Carlo d’Ungheria e Casimiro III dettero vita ad un sodalizio in funzione antiasburgica, decidendo di creare nuove rotte commerciali per aggirare Vienna e consentire ai Mercanti il facile accesso ai Mercati europei.

Alla base del vertice c’erano l’esigenza di contenere la montante potenza della dinastia austriaca e il riconoscimento della sovranità cèca sulla Slesia, che i Sovrani locali avevano controllato de jure con la Corona di Polonia: Giovanni I la cedette a Casimiro III in cambio di un milione e duecentomila groschen di Praga e poi, per il perfezionamento dei negoziati, inviò il figlio Carlo.

Le trattative si conclusero con la sottoscrizione della tregua di Sandomierz, celebrata dal 28 maggio al 24 luglio del 1336. L’impegno coinvolgeva anche i Sodali della Polonia, a partire dal Re d’Ungheria: insieme decisero che qualsiasi violazione sarebbe stata valutata dai Tribunali di Kalisz e Breslavia.

Ai Cavalieri teutonici non fu consentita alcuna interferenza: malgrado il Sovrano cèco avesse precedenti obblighi nei loro confronti, l’assunzione di una posizione favorevole alla Polonia determinò la rottura definitiva fra l’Ordine e i Lussemburgo.

Raggiunta l'intesa con Giovanni, intanto, Casimiro inviò una delegazione di Nobili e Clero a Chojna: i Convenuti vi accettarono di disciplinare nei dettagli la portata dell'assistenza reciproca contro i Nemici e l'ammontare della dote della Principessa Cunegonda, Figlia del Piast e promessa Sposa del Figlio minore dell'Imperatore Ludovico il Bavaro stabilendo, infine, che i patti sarebbero stati rispettati anche in caso di morte di uno dei futuri Coniugi.

Fissata la data dell’8 settembre ed il luogo di Wieleń o Dobiegniewo per la ratifica del trattato e dello scambio di documenti tra il Re e il Margravio di Brandeburgo, Casimiro consolidò le relazioni col Lussemburgo ed evitò di assumere impegni definitivi con i Wittelsbach, atteso che una aperta relazione con l'Impero avrebbe potuto urtare la suscettibilità del Papa ad Essi ostile e, in seguito, si scusò con una lettera formulata in modo tale che, se i negoziati con i Lussemburgo fossero falliti, l'idea di un sodalizio avrebbe potuto essere rivisitata.

I rapporti con i Wittelsbach si raffreddarono degenerando in aperta rottura nel 1338, per effetto del contrasto esploso fra Giovanni di Lussemburgo e Luigi IV.

Casimiro sostenne l’Alleato, contando sul suo supporto nei conflitti con l’Ordine teutonico.

Ad agosto, spedì un'Ambasceria dalla Piccola Polonia a Trenčín: alle trattative parteciparono, in rappresentanza di Carlo Roberto, il Vescovo Nicola e il Principe cèco Carlo di Lussemburgo.

Definiti i preliminari, il 24 agosto fu emessa una dichiarazione d’impegno di Giovanni di Lussemburgo e del Figlio a rinunciare al titolo di Re di Polonia.

Non sono chiari gli obblighi della parte polacca ma la Storiografia classica ritiene che Casimiro avesse receduto da ogni pretesa sulla Slesia; tuttavia, secondo un filone più recente, la questione dei suoi diritti non fu sollevata: i Polacchi dovettero accettare di non violare i confini cèchi in Slesia e Masovia e di non esercitare pressioni sulla Nobiltà locale perché riconoscesse la loro sovranità o confermasse i diritti della Corona boema su questi Principati. Ne conseguì che la Cancelleria reale cèca cessò di riferirsi a Casimiro come Re di Cracovia e rimosse il titolo di Re di Polonia a Giovanni di Lussemburgo.

Il Piast avrebbe dovuto pubblicare gli atti del trattato in ottobre ma, forse, attese ulteriori sviluppi della situazione per decidere al meglio.

La pace fu conclusa il 19 novembre a Visegrád nell’incontro fra i Reali polacco, cèco e ungherese e Casimiro respinse le condizioni poste a Trenčín, sostenendo che i suoi Legati avevano debordato dalle competenze.

Carlo Roberto mediò le posizioni tra il Sovrano di Polonia e Giovanni di Lussemburgo, con un esito vantaggioso per il Piast: al prezzo di ventimila kopek di grossi di Praga (ovvero una cifra superiore al doppio delle entrate annuali provenienti dalle miniere di sale di Cracovia) Egli acquisì i diritti di Giovanni al trono polacco riottenendo anche una piccola fetta di territorio contiguo al castello di Boleslawiec.

Le proposte furono sancite dall’impegno matrimoniale dell’omonimo nipote di Giovanni di Lussemburgo con Elisabetta, Figlia di Casimiro.

In definitiva, in quel visegrádiano incontro Egli era stato riconosciuto Sovrano legittimo!

Trascorsi alcuni giorni a Praga, poi, si prodigò nel tentativo di scongiurare la prosecuzione del rapporto di solidarietà tra i Lussemburgo ed i Cavalieri Teutonici, accattivandosi il favore della prestigiosa casata a partire dal giugno del 1336 quando giunse in Moravia per aiutare i Re di Boemia e Ungheria in vista di una spedizione antiasburgica e, forse, anche anti- Wittelsbach contando di guadagnarsi, attraverso tale iniziativa, il favore di Roma ostile alla coalizione delle due stirpi.

Il 1° marzo del 1338 i Lussemburgo conclusero un accordo con gli Angiò, che si impegnavano a sostenere la Boemia nel caso in cui Egli avesse invaso uno dei loro feudi in Slesia.

Verosimilmente informato della circostanza, il 9 febbraio del 1339 Piast emise un atto d‘impegno col quale affermava che non avrebbe mai violato le terre boeme: è fondato ritenere che volesse rendere pubbliche le proprie pacifiche intenzioni preferendo agire senza alcun Nemico esterno contro l'Ordine cavalleresco.

Proprio in vista della disputa ancora irrisolta con lo Stato dei Teutonici e del coinvolgimento delle forze polacche nei combattimenti per la Rutenia rossa in corso dal 1340, Casimiro iniziò i tentativi per stringere un'alleanza con il Lussemburgo: doveva rafforzarla con un contratto nuziale e, pertanto, essendo Vedovo, decise di sposare Margherita di Boemia, a sua volta Vedova di Giovanni di Lussemburgo; tuttavia, quando la raggiunse a Praga, Ella si ammalò e morì l'11 luglio del 1341.

Malgrado il luttuoso evento, due giorni dopo l’intesa polacco/cèca fu comunque suggellata: Egli si impegnò a sostenere i lussemburghesi contro ogni Nemico, tranne il Ducato di Świdnica e il Regno d'Ungheria, e a negoziare i piani matrimoniali dei rispettivi Figli; quanto agli obblighi in carico agli stessi Lussemburgo, si ipotizza che riguardassero un sostegno militare in caso di necessità polacca.

Parallelamente il Piast ottenne la terra di Namyslów, Kluczbork, Byczyna e Wolczyn in pegno per un prestito accordato a Boleslao III, di fatto facilitando un eventuale acquisto di quelle zone ed accolse il suggerimento di sposare Adelaide d'Assia: la impalmò il 29 settembre a Poznań, ma nei fatti non ricevette l’auspicato sostegno nella disputa contro i Teutonici. Mantenne comunque gli impegni e, quando nel 1343 il Principe di Żagań Enrico V di Ferro non rese omaggio a Giovanni di Lussemburgo e sottrasse ai Cèchi il controllo di Glogów, non esitò ad imbracciare le armi: avrebbe anche rinunciato alla Slesia, premendogli restituire alla Grande Polonia la terra di Wschowa, amministrata dagli Żagań.

Schierati con il ribelle Enrico V di Ferro c’erano gli zii Giovanni di Ścinawa e Corrado I di Oleśnica: malgrado sconfitti nella omonima località, i Polacchi prevalsero; condussero pesanti incursioni ed incendi e mieterono molte vittime.

In base al trattato negoziale che ne seguì, Wschowa fu accorpata alla Polonia mentre i Lussemburgo aggiogarono Enrico che, nel 1344, rese omaggio e divenne un fedele Vassallo dei Sovrani cèchi.

Rapporti con i Cavalieri Teutonici

L'atto con cui il Gran Maestro dell’Ordine Luther von Braunschweig ordinò la tregua con Casimiro fu del 1334 e fu prorogato fino al 24 giugno del 1336, scongiurando la guerra. L’impegno, che chiamava in causa a soluzione della controversia i Re di Boemia e Ungheria, fu confermato e il Tribunale arbitrale si attenne al trattato di Visegrád nel 1335.

Ai negoziati partecipò la Delegazione teutonica per esibire i documenti comprovanti i suoi diritti sulle terre contese.

Anche il Piast produsse carteggio a sostegno della propria tesi: esaminate le documentazioni delle Parti, gli Arbitri emisero il verdetto; ma prima che esso fosse annunciato, il 26 novembre il Piast raggiunse un accordo con Giovanni di Lussemburgo e non si esclude che esso fosse alla base del giudizio sfavorevole per l'Ordine circa la terra di Dobrzyń.

I contenuti più importanti delle risoluzioni riguardarono questo territorio e la Cuiavia, da trasferire provvisoriamente a Siemowit II, finché Casimiro non avesse soddisfatto i termini della pace. Pomerania e Danzica sarebbero restate nel controllo teutonico come concessione gratuita e perpetua; tuttavia, tale soluzione eliminava qualsiasi rivendicazione del Sovrano che doveva accettare l'amministrazione di Chelmno da parte dell'Ordine, in base ai diritti concessi dai suoi stessi Avi. Le Parti, infine, dovevano rinunciare a ogni richiesta riferita ai danni di guerra e garantire l'amnistia ai rispettivi Sudditi oppositori.

L'esecuzione delle decisioni fu immediata: Casimiro si accordò con Ladislao il Gobbo cui consegnò Dobrzyń e dal quale ricevette l’atto di rinuncia ai danni subiti.

Il pilatesco giudizio, però, non sodisfece nessuno: il Piast non emise documenti circa la Pomerania e i Teutonici non restituirono la Cuiavia e la terra di Dobrzyń.

Avvicinandosi il termine di cessazione della tregua, il 26 maggio Casimiro dichiarò che avrebbe accettato il verdetto statuito dall'arbitrato e l'avrebbe attuato nel giro di dodici mesi a partire dal 24 giugno e, parallelamente, si impegnò a non attaccare l’Ordine durante quella fase e a risarcire gli eventuali danni causati dai suoi Sudditi.

Analoga posizione fu espressa dal Gran Maestro e la tregua fu ancora prorogata fino al giugno del 1337.

In realtà, il Sovrano attendeva la decisione del Papa sulle rimostranze espresse contro i Teutonici e presentate ad Avignone nel luglio del 1335: vi accusava i Cavalieri di essersi impadroniti di proprietà ecclesiali; di aver distrutto chiese e di aver occupato terre polacche.

Prima che la Curia esaminasse gli atti, nel marzo 1337 Giovanni di Lussemburgo avviò colloqui con i Polacchi e i Teutonici a Inowroclaw proponendosene Mediatore ma, nei fatti, non fu imparziale. Subdolamente mirava ad impedire al Piast di estendersi e riconquistare la Pomerania. Alla vigilia dell’inizio dei negoziati consegnò un messaggio in cui confermava la concessione della Pomerania all’Ordine, avvenuta nel 1329, assumendo come pretesto la mancanza del sigillo di sua Moglie su un documento di otto anni avanti e la minorità di Carlo IV a quella data.

Casimiro incassò il colpo e all'inizio di marzo si accordò con Ladislao il Gobbo che avrebbe ceduto formalmente la terra di Dobrzyń, in cambio della terra di Łęczyca.

Il negozio rendeva di fatto impossibile la piena attuazione del lodo arbitrale di Visegrád e costituiva la premessa per ulteriori modifiche alle pur definite soluzioni di pace.

Dopo l’incontro di Inowrocław, alla Polonia toccarono condizioni molto più favorevoli: anziché assegnare la Pomerania ai Teutonici a titolo di concessione gratuita e perpetua, come deciso in precedenza, il Sovrano doveva rinunciare ai diritti ereditati su essa.

L’intesa prevedeva la concessione polacca di Chelmno all’Ordine, ma la Corona avrebbe mantenuto tutti i diritti del Donatore; si sarebbe impegnata a mai stringere alleanze con la Lituania pagana e a concedere un'amnistia per i Sudditi e per le città che avevano combattuto fra il 1327 e il 1332, arrendendosi ai Teutonici; avrebbe liberato tutti i Prigionieri religiosi detenuti in territorio polacco e, infine, il Piast avrebbe dovuto rinunciare a qualsiasi risarcimento legato ai danni di guerra.

In cambio, i Cavalieri avrebbero restituito la Cuiavia e la terra di Dobrzyń a seguito della ratifica del trattato che avrebbe dovuto diventare esecutivo nel termine di tre mesi.

Casimiro pretese, infine, le garanzie ungheresi dell'inviolabilità dell’intesa, che Carlo Roberto approvò come secondo Conciliatore assieme al Re di Boemia e/o come eventuale Successore del Sovrano polacco, soddisfacendo le richieste dei Teutonici timorosi di ulteriori rivendicazioni sulla Pomerania da parte di Elisabetta o dei suoi Eredi.

Circa la ratifica, i Cavalieri convennero che, almeno fino all'approvazione definitiva, la regione di Cuiavia e Dobrzyń restassero neutrali e fossero temporaneamente amministrate da Giovanni di Lussemburgo.

In conformità con tali disposizioni, il Sovrano cèco nominò Otto von Bergow suo Starosta: nel caso di mancata convalida, tutte quelle terre sarebbero tornate allo Stato cavalleresco.

Il ritorno di parte della Cuiavia alla Polonia già prima dell'approvazione del trattato rafforzò la propaganda teutonica circa le buone intenzioni di Marienburg nel voler risolvere la controversia, mirando a riabilitare l’Ordine in un eventuale processo da celebrarsi dinanzi al Tribunale ecclesiale. Pertanto, Casimiro preferì ancora una volta attendere l'ulteriore sviluppo della situazione, concordando con Carlo Roberto che non avrebbe garantito l'intesa.

Il 4 maggio del 1338, Benedetto XII emanò una Bolla d’ordine dell’assise secondo lo Jus canonico e nominò come Giudici un Collettore in Polonia e Ungheria e un Canonico di Annecy. La data della prima udienza fu fissata al 27 ottobre, ma il procedimento formale ebbe inizio il 4 febbraio del 1339 a Varsavia.

I Legati teutonici protestarono e abbandonarono la seduta, ma il processo fu celebrato in contumacia con l’escussione di centiventisei Testi in rappresentanza di tutte le suddivisioni amministrative polacche: le loro dichiarazioni confermarono che le terre la cui restituzione era stata richiesta dal Re, al momento del loro spossessamento appartenevano al Regno ed erano governate da Principi polacchi e che quanto espugnato dai Teutonici dopo il 1306 spettava a Ladislao.

I giudici ascoltarono anche il Clero polacco e il Gran Maestro.

Durante il procedimento, nel marzo 1339, i Togati consegnarono la proposta del Sovrano ai rappresentanti dell'ordine a Toruń.

Casimiro si offrì di ritirare la domanda ed eseguire la precedente sentenza arbitrale, in cambio di quattordicimila grivna d'argento.

I Teutonici se ne irritarono e, prima della fine del dibattito, il 9 settembre ad Avignone Egli rinunciò alla metà del risarcimento concesso alla Polonia a seguito del processo del 1321, ovvero quindicimila grivna d'argento.

Il 15 settembre fu emessa la sentenza: si intimava all’Ordine di restituire alla Polonia la Pomerania, la Cuiavia, le terre di Chełmno, di Dobrzyń e di Michałów; di pagare un risarcimento di centonovantaquattromila e cinquecento grivna, oltre a milleseicento di spese processuali; si anatemizzava il Gran Maestro Dietrich von Altenburg assieme a vari Funzionari.

I Cavalieri respinsero il verdetto, denunciando errori procedurali nella fase di dibattimento.

Nel giugno del 1341, il Papa insediò una commissione composta dai Vescovi di Meissen, Cracovia e Chelmno perché ripristinassero le condizioni prebelliche: la Polonia avrebbe ricevuto diecimila grivna d'argento come equivalente al reddito della terra di Cuiavia e Dobrzyń, perse a causa dell'occupazione teutonica.

La questione delle terre restanti sarebbe stata considerata separatamente.

Fra l’agosto del 1342 e il maggio del 1343, Clemente VI, già Tutore di Carlo di Lussemburgo, rinnovò le istruzioni del Predecessore.

Le lotte con la Lituania e con i Tartari per la Rutenia, in mano ai galizio-voliniani dal 1340, resero impossibile il recupero delle terre occupate dai Teutonici il cui intervento contro la Lituania giocò forse a vantaggio di Cracovia, poiché spianò la via ad ipotesi di pace.

Nell'autunno del 1341 Casimiro; il Gran Maestro Dietrich von Altenburg; Carlo Roberto e i Legati dei Lussemburgo si incontrarono a Toruń; tuttavia i colloqui furono interrotti dalla morte dell'Hochmeister e ripresero solo nel 1343 a Kalisz, su richiesta del Primate di Gniezno.

Per rafforzare la propria posizione, prima dell'inizio delle discussioni, il Piast concluse a Poznań il 29 febbraio del 1343 un'alleanza con i Duchi della Pomerania occidentale che si impegnavano a fornirgli un solido supporto militare e a non far passare rincalzi dell’Ordine nei loro territori.

Il patto fu rafforzato dalle nozze del Duca Boguslao V con Elisabetta, Figlia di Casimiro.

La riconciliazione fu firmata l'8 luglio a Kalisz e ratificata il 23 luglio a Wierzbiczany.

Casimiro e il Gran Maestro Ludolf König giurarono di rispettarla: la Polonia rinunciava nei fatti ai diritti sulla Pomerania, su Danzica, sulle terre di Chełmno e su Michałów; l’Ordine restituiva il resto della Cuiavia e la terra di Dobrzyń e avrebbe versato diecimila fiorini di risarcimento.

L'8 luglio, il Primate di Gniezno recedette da qualsiasi richiesta di ristoro per le perdite subite a seguito delle invasioni teutoniche e poiché la parte polacca spiegò di non poter ottenere le garanzie ungheresi, stante la mancata ratifica dell’accordo di Inowrocław, si decise di sostituirle con impegni più ampi.

I Legati del Regno ed i Delegati dell'Ordine viaggiarono a lungo in tutta la Polonia per raccogliere documenti contrari al conflitto: il 15 luglio i Garanti promisero di non assistere il Sovrano, se ne avesse violato i termini.

Casimiro non sollecitò l’imprimatur papale sul trattato e, malgrado gli obblighi contratti, non smise di farsi chiamare Signore ed erede della Pomerania.

I Cavalieri, dal canto loro, non pagarono i diecimila fiorini promessi.

Malgrado diffuse irregolarità formali, il trattato di Kalisz fu integrato dalla delimitazione del confine del 1349 e restò in vigore fino al 1409.

Negli anni '50 maturarono forti tensioni nelle relazioni polacco/teutoniche per i successi conseguiti polacchi in Rutenia e si registrarono atteggiamenti critici dei Teutonici.

La situazione si inasprì nel 1356, quando la Polonia raggiunse la tregua con la Lituania inducendo l'Ordine a sentirsi di nuovo minacciato.

Il culmine della frizione fu prodotto dall’incidente di Rajgród quando, nel 1360, col consenso del Granduca Kestutis, Casimiro ordinò la costruzione di un castello in un’area di confine rivendicata dai Teutonici, che invasero il cantiere bloccandone i lavori.

Fra il 1365 e il 1368, Egli si recò a Marienburg e vi si trattenne tre giorni, ospite dell’ Hochmeister Winrich von Kniprode: forse voleva valutare se la Polonia disponesse della forza necessaria per piegare l’Avversario in una guerra che non si fece!

La Corte ungherese

Casimiro mantenne l'alleanza con l’Ungheria: grazie alle riforme varate da Carlo Roberto e dal Figlio Luigi I il Grande e grazie allo sfruttamento delle miniere d'oro, quel Paese divenne assai potente sul piano europeo.

Forse già nel 1327, Ladislao I aveva promesso agli Angioini il subentro nel caso della sua morte senza Eredi: quando si ammalò e la Polonia esigeva immediato sostegno contro i Cèchi, il Piast confermò tale volontà nel caso di estinzione dinastica.

Di fatto, nel 1338 o 1339, andò ancora a Visegrád e designò Luigi alla successione.

E’ verosimile che Carlo Roberto avesse in cambio rinunciato alle rivendicazioni magiare sulla Galizia e sulla Volinia, assicurando al Cognato un appoggio nella lotta in corso nella vecchia Rus’ e in un eventuale scontro con i Teutonici.

La successione agli Ungheresi prevedeva anche la promessa da parte del Sovrano angioino di tentare di riconquistare le vecchie terre possedute dal Regno di Polonia.

Nel 1350 si chiarì il passaggio del trattato riferito alla Rutenia e si decise che, ove il Re polacco avesse avuto Discendenti maschi, gli Angiò avrebbero avuto il diritto di acquistare la Rutenia per centomila fiorini, mentre in caso di morte senza prole l'area sarebbe passata direttamente al possesso di Buda.

Nel 1351 Luigi giunse in Polonia per una spedizione congiunta contro la Lituania: poiché Casimiro era assai malato, Egli ottenne dai Dignitari del Regno l’impegno ad accettarlo come Erede se il Sovrano fosse morto; tuttavia, si posero anche delle condizioni che furono accettate: la circostanza sarebbe valsa solo per Luigi e i suoi Successori, onde contenere pretese di altri Angiò; il futuro Re non avrebbe potuto nominare più di un Funzionario tedesco in Polonia; la Corona si obbligava a pagare le spese di guerra senza attingere alle casse polacche.

Casimiro guarì.

Nel gennaio del 1355 una Ambasceria polacca andò a Buda per fissare i criteri per l'accettazione dell'eventuale assunzione angioina del trono: il 14 Luigi li rese noti.

A nome degli Angioini rinunciò ad alcuni diritti fiscali; promise di non riscuotere tasse straordinarie e garantì di pagare senza attingere alle casse di Cracovia le campagne lontane dalla terra polacca. In cambio, gli Stati di Polonia accettarono la successione angioina, con la clausola secondo cui l'accordo sarebbe divenuto nullo se il ramo degli Angiò ungheresi fosse rimasto privo di Eredi maschi.

La Galizia-Volinia, la Lituania e altri territori orientali

Nei primi anni di governo Casimiro tenne buoni rapporti con i Duchi lituani per effetto delle nozze con la Figlia del Granduca Gediminas e con il Principe Jurij II di Galizia che, forse prima del secondo congresso di Visegrád, accettò di cedergli il trono galiziano se fosse morto senza prole, in cambio esigendo sostegno nella sua campagna militare. Tuttavia, il 7 aprile del 1340, trentenne ed inaspettatamente il Principe morì.

Si sarebbe in seguito appreso che era stato avvelenato.

Verso Pasqua, Casimiro entrò in Rutenia; giunse a Leopoli; depredò gli Knjaz locali; prese prigionieri i Mercanti e fece dare alle fiamme il castello.

A maggio ebbe luogo una spedizione ungaro/polacca in Rutenia.

Anche i Lituani erano tesi alla conquista di quelle terre rivendicate pure dall’Orda d’Oro in quanto attraversate dalla rotta commerciale che collegava il mar Nero ed il mar Baltico.

Alla fine di giugno, Casimiro mosse ancora contro la Rutenia: si ignora se, a margine della spedizione, incorporasse anche Sanok.

Il Boiardo locale Dmitro Detko fu nominato Governatore di Polonia sull’area ruteno/galiziana che, nel 1340, fu interamente aggiogata e annessa. In seguito, Egli insorse e, assistito da un tal Daniele di Ostrów, si appellò al Khan: il loro piano prevedeva di attraversare la riva sinistra della Vistola, ma sul territorio irruppe un'Armata guidata dal Piast e la coalizione ribelle si dette alla ritirata ripiegando verso Lublino: Detko si arrese e fu nominato Viceré con ampi poteri.

Nel 1343, il Papa esentò la Polonia dalla decima biennale affermando che il denaro doveva essere utilizzato per combattere gli Infedeli, ovvero proprio i Tartari.

Di fatto dal 1341 al 1349 non si verificarono grandi cambiamenti in Rutenia, malgrado si assuma che Casimiro ne perdesse una parte sottratta a Liubartas.

Nel 1345, truppe polacche giunsero a Przemyśl e a Sanok per supportare una spedizione antitartara di Luigi d'Ungheria: è plausibile, pertanto, che l'anno prima Casimiro andasse in Rutenia e si assicurasse il controllo dei territori precedentemente perduti.

Nel 1349 preparò un'altra offensiva contro la regione, profittando della sconfitta inflitta alla Lituania dai Teutonici e, forse, all'inizio di quell'anno, raggiunse un accordo con il Khan, com’è provato dall’arrivo di Legati tartari e dalla mancanza di testimonianze riferite ad un eventuale conflitto tra l’Orda d’Oro e la Polonia.

I Lituani, nel frattempo, uscirono devastati dalla guerra contro l’Ordine che annesse il Principato della Galizia-Volinia ad eccezione di Luc'k.

E’ probabile che le acquisizioni fossero favorite dalla conversione di Kestutis e dei suoi Familiari al Cristianesimo: il battesimo avrebbe minato l'esistenza di uno Stato monastico, secondo le aspettative di Casimiro; ma i Baltici si mostrarono poco inclini alla nuova confessione e nel maggio 1350, invasero la Masovia e incendiarono Varsavia e Czersk.

Durante la ritirata, furono attaccati dal Piast e inflissero a Żuków una devastante sconfitta. Forti del successo, invasero la Rutenia in agosto prendendo Prigionieri a Belz; Brest e Volodymyr, prima di puntare sulle terre di Łuków, Sandomierz e Radom.

La strategia lituana, elusiva di scontri di campo e fondata su sanguinose scaramucce, indusse Casimiro ad una pace che vide il Granducato riacquisire parte della Rutenia, tranne Leopoli.

L'anno successivo il Sovrano allestì un'altra spedizione e a marzo ottenne dal Papa l'esenzione dalla metà della decima quadriennale per coprire i costi della campagna estesa anche ai Tartari.

Tra giugno e luglio, Luigi d'Ungheria arrivò in Polonia per un attacco congiunto: gli Eserciti uniti raggiunsero Lublino, dove Casimiro si ammalò.

Il Re ungherese assunse il comando generale e raggiunse i dintorni di Mielnik donde tre Legati mossero per incontrare il Granduca: dopo averli trattenuti come ostaggi, Kestutis incontrò Luigi e il 15 agosto si convenne la tregua.

Il Lituano revocò la promessa di accettare la conversione ma garantì il supporto militare all'Ungheria in cambio della corona: l'intesa fu suggellata con un rito pagano.

Un'altra spedizione fu effettuata nell'inverno del 1352.

Il 21 marzo, Luigi aveva raggiunto Casimiro a Belz e l'assedio che ne seguì si concluse con una sconfitta. Le perdite ungheresi dovettero essere rilevanti, poiché fu ordinata la ritirata; tuttavia, secondo la Cronaca di Dubnik, il Re avrebbe convinto il castellano locale ad alzare bandiera bianca, col risultato che il possesso della città sarebbe passato dalla Lituania all'Ungheria.

La circostanza negò al Piast la riacquisizione della città ed impose l’arretramento a causa degli attacchi tartari e lituani in altre aree rutene.

All'inizio della primavera, l'Orda d’Oro invase la regione di Lublino: Casimiro aveva bisogno di risorse e, pertanto, in giugno costrinse la Chiesa polacca a consegnare gli oggetti di valore della cattedrale di Gniezno: valutati in mille fiorini, essi gli furono concessi come prestito con interessi ed egli stesso impegnò la terra di Dobrzyń ai Teutonici e quella di Płock a Siemowit III e a suo fratello Casimiro I di Varsavia.

Ad agosto e settembre si recò a Szczebrzeszyn per convenire un armistizio con i Duchi: i colloqui terminarono con una tregua biennale in vigore da ottobre. Allo scambio di diverse garanzie si aggiunse il veto di erigere castelli durante i ventiquattro mesi di pace e si decise che Lituani avrebbero inviato supporti in caso di invasione tartara delle terre polacche. Analogamente, Essi sarebbero stati sostenuti se il Re d’Ungheria avesse attaccato il Granducato.

Si procedette, infine, allo scambio di Prigionieri.

Malgrado i termini del negoziato gli fossero favorevoli, i Lituani li infransero presto.

Il 19 maggio del 1353, i Baltici invasero e distrussero Leopoli; il 7 luglio, guidati da Liubartas massacrarono la gente di Halyč; si spostarono nella Piccola Polonia e devastarono Zawichost e solo in ottobre Casimiro pianificò la controffensiva.

E fu Belz il 23 di quel mese!

Il 1354 scorse in preparativi e su sollecitazione dei Legati polacchi ad Avignone, con Bolla del 10 novembre concedendo ancora una volta l'esenzione del pagamento della decima alla Polonia, il Papa invitò anche Cèchia e Ungheria a una crociata contro Lituani e Tartari che, nel 1356, conquistarono Volodymyr.

Nella Bolla del 17 settembre 1356, Innocenzo VI poi rimproverò al Gran Maestro non solo di non aver accolto le richieste di aiuto del Piast, ma di avere invaso il feudo polacco della Masovia.

Ad inizio dell'autunno di quell’anno, la Lituania si riconciliò con Casimiro: per dieci anni il riavvicinamento fece sperare in una cristianizzazione della regione; l’anno successivo, con una mossa a sorpresa, Egli chiese al Papato che la Lituania fosse subordinata alla Provincia ecclesiale polacca.

La richiesta fu vagliata: il Papa incaricò il Vicecancelliere di esaminarla, nella consapevolezza che l’Ordine teutonico avrebbe manifestato dissenso e fomentato dissidi con la potente Arcidiocesi di Riga.

Forse proprio su iniziativa dei Cavalieri, l'Imperatore Carlo IV di Lussemburgo indirizzò una lettera il 18 aprile del 1358 ai Principi lituani, con un invito ad accettare il Cristianesimo.

A luglio uno dei fratelli del Granduca lo raggiunse a Norimberga e, comunicata l’intenzione del Paese di cristianizzarsi, manifestò il desiderio di prendere il battesimo.

La cerimonia avrebbe dovuto svolgersi a Breslavia: Egli non solo non vi si presentò, ma affermò che non avrebbe accettato il sacramento finché non gli fossero state restituite le terre aggiogate dai Teutonici.

Si ignora se vi fu un'ingerenza polacca ma più proficui furono i risultati in un altro ambito, ovvero quando, forse già nel 1358, Casimiro ipotizzò di celebrare le nozze tra suo Nipote Casimiro IV e Kenna, Figlia del Granduca Algirdas.

Fu chiesta la dispensa papale nel 1360 ad Avignone.

La fretta della parte polacca nel realizzare il connubio rafforzò i rapporti tra Cracovia e Vilnius ed a cementare le buone relazioni intervenne il trattato di confine tra la Masovia ducale e la Lituania nel 1358.

La pace regnò fino al 1366: Casimiro intraprese una spedizione in Rutenia, concludendola con un trattato che garantiva alla Polonia ulteriori acquisizioni territoriali; Liubartas preservò invece quanto compreso tra Volodymyr e Luc'k.

I Lituani attaccarono ancora una volta nel 1368, ma l'invasione della Masovia eseguita da Kęstutis fu rivolta solo indirettamente contro la Polonia: i danni maggiori colpirono Plónsk, Czerwińsk, Wyszogród e Pultusk.

Per proteggere la Rutenia, Casimiro fece erigere a Volodymur un nuovo castello.

I Vescovati ruteni

Casimiro consentì al Primate armeno Gregorio di restare a Leopoli e di diffondervi l’atto firmato con sigillo reale e datato 3 febbraio del 1367: desiderando che la Chiesa rutena fosse esente da interferenze esterne, scrisse al Patriarca Filotio di Costantinopoli sollecitando l’incarico di Metropolita della Galizia per un tal Antonios e il ripristino della metropoli, soppressa nel 1347.

I toni erano minacciosi e ultimativi: se questa non fosse stata rifondata, avrebbe fatto convertire coattivamente i Ruteni al Cattolicesimo.

La metropoli galiziana fu restaurata nel 1371 ed Egli coltivò invano l’idea di subordinare i Vescovadi ruteni al Clero polacco: il Papa lo spiazzò prendendolo sotto la propria protezione; l'Ungheria si mostrò ostile alla polonizzazione della regione; Armeni ed Ortodossi condizionarono fortemente il tentativo del Sovrano.

Nel 1363, la Cattedra armena fu trasferita da Luc'k a Leopoli e nel 1367 si insediò la sede metropolitana della Chiesa latina a Halyč.

In Masovia

La politica nei confronti della Masovia fu ispirata alla prudenza per evitare che i Duchi locali chiedessero la protezione dei Teutonici: nell'armistizio del 1334 il Gran Maestro citò i Piast come Alleati.

Forse in Polonia si sperava che, incapaci di contenere la pressione lituana i Duchi si rivolgessero a Cracovia e, pertanto, si tese a non irritarli.

La pace tra Polonia e Lituania, consolidata dalle nozze di Casimiro con Aldona impedì in gran parte il riavvicinamento con la Masovia, ma la situazione mutò nel 1339 quando Ella morì e si accesero i conflitti per l'eredità del defunto Jurij II di Galizia.

In coincidenza con tali eventi, il riavvicinamento fu rapido: già nel 1343, tutti i Duchi della Masovia (tranne il minorenne Casimiro I di Varsavia) garantirono la pace di Kalisz come Alleati del Sovrano polacco. Il 18 settembre del 1351, a meno di un mese di distanza dalla morte senza Eredi del Duca Boleslao III di Płock, sprezzante dei diritti boemi sull'eredità del loro feudo, il Piast occupò il Ducato di Płock e convenne un patto con i Duchi Siemowit III e Casimiro I di Varsavia, elargendo concessioni ed assegnandogli la gestione dei feudi locali, così rendendoli Vassalli.

Garantito a Jurij II l’affrancamento dagli obblighi nei confronti di Carlo IV, poi, si assicurò il sostegno dei Masoviani allarmati dalla invasione lituana del 1350. Tuttavia, l'Imperatore non intendeva rinunciare al principato di Płock e il 7 settembre del 1351 lo consegnò in feudo al cognato del Defunto: il Duca di Żagań Enrico V il Ferro.

Nel 1353 Casimiro ordinò di circondare Płock con un muro, malgrado l’avesse già venduta a Jurij II per duemila grivna d'argento.

Il 26 novembre del 1355 Casimiro I di Varsavia morì senza Successori e, pur avendone titolo, il Re polacco non reclamò il diritto di rilevarne le terre ma, alla convenzione di Kalisz, le consegnò a Siemowit III, fratello del Defunto in cambio dell’omaggio.

Il nuovo Principe annullò il prestito concessogli tre anni avanti e accettò che, alla sua morte, i beni gli sarebbero tornati: fino ad allora, il Sovrano disponeva di un diritto limitato di distribuire beni nella regione di Płock, ma non essendogli permesso di concedere il titolo di città a taluni agglomerati, consegnò la gestione triennale dell’area di Wiska e Zakroczym al Principe locale.

Quando il 1º maggio del 1356 si concluse a Praga un'alleanza cèco/polacca, la questione di Masovia fu risolta con la rinuncia di Carlo IV ai diritti sul Principato di Płock.

La Slesia

Eletto nel 1342, Clemente VI non riconobbe la dignità imperiale di Ludovico il Bavaro e ne pianificò la detronizzazione in favore del suo Amico Carlo IV di Lussemburgo.

Malgrado gli Elettori di Francoforte avessero riconosciuto la legittimità del suo potere nel rispetto del principio varato con la Dichiarazione di Rhens, che non prescriveva l’assenso papale alla designazione imperiale, le relazioni fra i Wittelsbach e i Lussemburgo si incrinarono. Alleato dei Primi, era il Duca di Świdnica Bolko II e fu forse su sua iniziativa che i rapporti polacco/brandeburghesi si distesero alla fine del 1344, finché il 1º gennaio del 1345 Casimiro sodalizzò con l'Imperatore Luigi IV di Baviera.

Le Parti si impegnarono a fornire assistenza militare sia all'Imperatore medesimo che ai Figli e il Re polacco prometteva di non stringere alleanze con i Lussemburgo senza il previo assenso del Bavaro.

Alla base dell’intesa fu posto il matrimonio di Cunegonda, Figlia del Piast, con Ludovico VI. Esso fu officiato nell'estate di quell'anno e Casimiro aderì nei fatti alla coalizione anti-lussemburghese dei Wittelsbach, condivisa anche da Luigi d'Ungheria e Bolko II.

La tensione montò; nel marzo del 1345 Carlo di Lussemburgo fu arrestato a Kalisz per debiti contratti nel 1343 e non onorati. Egli riuscì comunque a fuggire e ad aprile del 1345 attaccò Bolko; catturò Kamienna Góra e dette fuoco a Świdnica.

Ad agosto i Duchi di Głogów e Oleśnica lanciarono un attacco fallito su Wschowa e in giugno, forte di rincalzi ungheresi e lituani, Casimiro attuò la rappresaglia irrompendo sul Ducato di Opava e tentando di assediare Żor.

Il 29 giugno successivo, alla testa di un formidabile Esercito, Giovanni di Lussemburgo si acquartierò a Wodzislaw; tuttavia il Re avviò le manovre di ritirata verso Cracovia, forse sperando che i Cèchi si fermassero al confine polacco. Essi, invece, puntarono proprio su Cracovia ponendola sotto assedio per otto giorni. Parallelamente, la Prima Linea boema bruciò Miechów; ma a causa delle ripetute sconfitte subite, Giovanni abbandonò la Polonia.

Si optò, allora, per una tregua valida fino all'11 novembre.

Il conflitto, consolidando la posizione imperiale, infuriò Clemente VI che, il 18 ottobre, aveva emanato diverse Bolle con richiesta di negoziare la pace.

Nella lettera indirizzata a Casimiro, gli rinfacciava la condotta amichevole con gli Infedeli lituani e le nozze della Figlia a un parente di Ludovico il Bavaro ed inoltre, poiché secondo Clemente VI i Wittelsbach non avevano aderito ai termini del patto, il Piast poteva risolverlo. Infine annunciava che un proprio Delegato avrebbe mediato la questione tra Polonia e Lussemburgo. Ma, già il 29 ottobre, il Papa sollecitò ancora la tregua finché non fosse giunta la sua Ambasceria. Di fatto, allo scadere di essa, si attese l’evoluzione degli eventi e per i due anni successivi non si registrarono scontri né azioni di pace.

Nel febbraio del 1346, forse su pressione di Casimiro, il Duca Ladislao di Bytom dichiarò con un documento che non avrebbe sostenuto Giovanni di Lussemburgo, Carlo IV e il Duca di Opava finché non si fosse giunti ad una intesa cèco/polacca.

Pochi mesi dopo, Bolko II rilevò il Principato di Jawor.

Il 22 maggio Clemente VI emise un'ulteriore Bolla: richiamandosi all’impegno di pace espresso dal Piast, affermò che i Lussemburgo, in visita ad Avignone, avevano manifestato le medesime intenzioni rimettendosi al suo arbitrato e dicendosi disposti a pagare diecimila grivna in caso di mancato rispetto del verdetto. Chiese, pertanto, al Re di Polonia di inviare Legati con pieni poteri e di impegnarsi per una soluzione negoziale.

Si ignora se, a causa della mancanza di sostegno dei Wittelsbach, Casimiro volesse davvero raggiungere un accordo e se solo temporeggiasse ma è certo che in estate le relazioni con la Boemia si normalizzarono poiché, per effetto della deposizione di Ludovico il Bavaro, l'11 luglio Carlo di Lussemburgo fu eletto Re di Germania e l'attenzione dei Lussemburghesi si concentrò sul Sacro Romano Impero.

Peraltro, nella battaglia di Crécy del 26 agosto del 1346 Giovanni di Boemia cadde in campo col risultato che il Regno polacco e Bolko ottennero una certa libertà di manovra: profittando delle circostanze, Costui riconquistò Kamienna Góra e in seguito simulò di lavorare per la pace; ma la situazione restò immutata fino all'11 ottobre del 1347, data della morte dell’ Imperatore deposto: il Papa si disinteressò al conflitto cèco/polacco e Carlo si rafforzò mentre Casimiro intensificava le proprie attività in Slesia.

Il 22 novembre ancora Carlo IV invitò i Vassalli locali a recedere da conflitti interni e a non sostenere chiunque agisse a scapito del Ducato di Breslavia, dominato dai Lussemburgo.

I suoi timori erano fondati, poiché alla fine di marzo del 1348 i Polacchi attaccarono quel Ducato, attraversando i territori di un Principato vassallo della Slesia.

Una breve tregua fu convenuta tra la Polonia, il Ducato e i Cèchi e il 7 aprile ancora Carlo IV emise a Praga quattro documenti riferiti alla Slesia: tre confermavano disposizioni emesse nel 1290 da Rodolfo d’Asburgo; il quarto annunciava l'incorporazione della Slesia e della Lusazia alla corona boema.

Le circostanze incoraggiarono Casimiro ad una risposta armata e, cessata la tregua, i Polacchi attaccarono Breslavia mantenendo aperte le ostilità fino all'estate, quando si aprirono le trattative utili ad entrambe le Parti: Carlo IV guardava alla situazione tedesca e Casimiro era preso da sforzi sulla battaglia per la Rutenia, stante l'inefficacia degli attacchi in Slesia.

Il 22 novembre del 1348 la guerra si concluse col trattato di Namyslowski che comunque non introduceva modifiche territoriali; le Parti si promisero “…amore eterno e amicizia fraterna…”

Carlo IV riconobbe le pretese territoriali polacche contro lo Stato teutonico; Casimiro, invece, promise di non unirsi ai Nemici di lui: se, nelle aree recuperate il Piast avesse confiscato dei beni, la metà sarebbe spettata alla Corona boema; la Polonia infine condonò una parte dei debiti della Boemia.

Nel 1353 accadde un rilevante cambiamento negli equilibri di potere in Slesia: il 27 maggio fu officiato a Buda il matrimonio tra il Vedovo Carlo IV e la quattordicenne Anna, nipote di Bolko il Piccolo, che promise la successione in caso di morte senza un Erede maschio e divenne Alleato del Re boemo.

Lo stesso giorno, lo Sposo strinse un patto con Luigi d'Ungheria che gli cedette il Ducato di Świdnica-Jawor.

In un documento separato, date le rinunce di Carlo IV a beneficio di Casimiro e di Luigi, il Ducato di Płock avrebbe cambiato bandiera al prezzo di altri due territori, ma i termini di ratifica di quattro mesi non furono rispettati e Casimiro rifiutò sempre di firmare.

Il patto cèco/polacco siglato a Praga nel 1356 sembrava coincidere con la sconfitta del Piast in riferimento a tentativi di riconquistare la Slesia. Negli atti, Egli aveva rinunciato a tutti i principati slesiani e si trattò solo di un espediente che gli consentì di rimuovere le pretese cèche sui Principati di Masovia, sottomessi nel 1351 alla Polonia.

Anni più tardi, Casimiro tornò infatti a rivendicare i diritti sulla Slesia, ottenendo persino il sostegno papale: Roma annullò tutti i suoi giuramenti riferiti alle concessioni territoriali nel 1335, 1339, 1348 e 1356, per essere stati frutto di coercizione politica. Malgrado la manovra avesse avuto formalmente effetto, la Polonia non godeva della potenza e della posizione dominante necessaria per attuare il suo piano di riacquisizione della Slesia.

Consapevole delle limitazioni, Casimiro optò per una tattica finalizzata a collaborare con i suoi Rivali nella regione: negli anni 1362–1363 aprì relazioni con Enrico V il Ferro, già suo feroce Nemico. Nel 1365 le nozze con Edvige di Żagańska suggellarono il sodalizio.

Il Sovrano contava anche su Bolko il Piccolo, malgrado avesse concluso nel 1353 accordo con Carlo di Lussemburgo: in caso di guerra, Casimiro poteva così contare su una coalizione composta da lui, Enrico e Bolko.

Guerra

La guerra con i Cèchi sembrava profilarsi all'orizzonte quando nel 1365 i Lussemburgo, divenuti Sovrani di Boemia e Imperatori del Sacro Romano Impero, acquisirono la tiara di Brandeburgo circondando la Polonia anche da Ovest. Parallelamente chiesero la mano della Figlia del Duca di Stettino per assumere il controllo anche di quella regione.

Casimiro se ne allarmò e sventò quei piani portando la Pomerania occidentale nell'orbita polacca e, consolidate le posizioni nel Nord e nel Centro/Ovest, si dispose all’attacco della Slesia. Quando però la guerra sembrava imminente, sopravvenne la morte.

La condotta politica del Piast

In definitiva, egli ottenne successi diplomatici e spedizioni vittoriose per effetto della coerenza e del riformismo: introdusse, infatti, un modulo amministrativo uniforme distribuendo incarichi ad un Consiglio reale per scopi deliberativi, con il Maresciallo responsabile della sicurezza dello Stato; un Cancelliere che curasse la politica estera e un Tesoriere che gestiva le risorse erariali.

I Funzionari locali erano gli Starosta, di sua diretta nomina e revoca, e incaricati di funzioni amministrative, economiche e giudiziarie.

Nel 1334, il Piast entrò in conflitto col Vescovo di Cracovia Jan Grot per la sua politica filo-teutonica e per gli elevati oneri finanziari della Diocesi.

Il Primate lo scomunicò ed il Sovrano lo accusò davanti al Papa di aver rivelato segreti di Stato, incitando alla rivolta: si riconciliarono solo nel 1343.

In quello stesso 1334, Casimiro estese a tutto il Regno le disposizioni comprese nello statuto di Kalisz del Duca Boleslao il Pio circa gli Ebrei, che ottennero l'esclusione dalla giurisdizione del diritto di Magdeburgo e furono assoggettati ai Tribunali reali.

Nel frattempo, i Cavalieri della Grande Polonia si opposero alla istituzione dello Starosta generale che, nella loro regione, sarebbe diventato de facto Governatore a servizio del Re. La soppressione di questo ufficio e la nomina di due Starosta separati: Maciej Borkowic a Poznań e Preslao di Gułtów a Kalisz, inasprirono la situazione.

Violenze e disordini dominarono la scena e, per tutelare i Mercanti, Poznań fu costretta a fondare una confederazione municipale nel 1350.

Nel tentativo di rimediare, all’inizio del 1352 Piast rimosse entrambi i Funzionari e restaurò nella carica di Starosta generale lo slesiano Wierzbięta di Paniewice.

E fu rivolta!

Il 2 settembre del 1352 a Poznań gli scontri furono durissimi e maturò un clima da guerra civile. L’anno dopo, il Sovrano riuscì ad attenuare il disagio sociale; tuttavia, i Ribelli sostenuti dalla Marca di Brandeburgo, attaccarono Czarnków.

La pace intervenne solo il 16 febbraio 1358 a Sieradz.

Le riforme

Casimiro Piast spiccò per le riforme amministrative e giudiziarie; consentì al Clero una crescita tale da indebolire la posizione di varie Dinastie secolari a favore dei Dignitari ecclesiali; alleggerì la pressione fiscale sulla Nobiltà e non chiese di provvedere al finanziamento delle spese militari per le spedizioni al di fuori del territorio polacco.

Tali iniziative costituirono la base della futura democrazia dei nobili nella Confederazione polacco/lituana avviata con l'Unione di Krewo del 1385.

I Contadini, rispetto ad una Borghesia proprietaria, restarono poveri e sottoposti alla giurisdizione del Feudatario locale: il Sovrano li trascurò concentrandosi sul rafforzamento del potere basato sulle città e sulla Nobiltà cercando di limitare le sue capacità economiche e del Clero e subordinando questo al Trono.

Per tale circostanza incontrò la accanita opposizione del Vescovo di Cracovia Jan Grot cui si unirono altri Nemici, indignati dal suo censurabile stile di vita distante dal modello cristiano: si era sposato ben quattro volte ed aveva avuto molte Amanti.

Introdusse poi modifiche significative al sistema giudiziario e legislativo: fra il 1346 e il 1347, emise un codice di leggi sotto forma di Statuti per eliminare gli abusi.

Riorganizzò anche l'Esercito attraverso l’acquisizione di nuove macchine da guerra ovvero arieti, torri d’assedio e catapulte, e dotò le Forze Armate di una Cavalleria composta da Nobili abbigliati con armature in cotta e spade, asce, lance, archi e balestre mentre alla Fanteria assegnò il compito di occupare città e palazzi.

Infine fece fortificare cinquantatré castelli e rafforzare ventisette roccaforti urbane in mattoni.

Anche in materia economica adottò provvide iniziative: incoraggiò la colonizzazione delle aree verdi; promosse lo sviluppo delle città ritenute fonte di reddito certa; concesse privilegi commerciali a Cracovia e autorizzò la fondazione di circa cento nuovi agglomerati sottoposti al diritto di Magdeburgo, attirando Banchieri e Mercanti e Artigiani ed avvalendosi della crucialità della Lega Anseatica, ovvero l'unione di città commerciali tedesche comprese quelle lungo il Baltico e la Vistola.

Il Tesoro poteva fare affidamento sugli introiti derivanti da vaste proprietà reali e l’adozione di un'imposta annuale sulle proprietà immobili favorì la condizione dell'Erario: lo sviluppo del commercio si saldò alle consistenti entrare prodotte dalle miniere di sale a Bochnia e Wielickza, riorganizzate sulla base di una illuminata disciplina legislativa.

Le entrate provenivano anche dalla Zecca: Egli realizzò una riforma monetaria nel 1338 e fu il primo Re polacco a coniare una moneta in argento da un centesimo: il grosso di Cracovia.

Infine: fondò l’Accademia locale, ovvero la più antica università polacca ispirata agli atenei di Bologna e Napoli. Gli Studenti godevano di esenzione dal dazio e dalla tassa.

Di più: fece costruire molti edifici in stile gotico, numerosi castelli e città fortificate; volle il quartiere Kazimierz nella capitale e vi aprì due grandi chiese: la basilica del Corpus Domini e di Santa Caterina col monastero di Agostiniani venuti da Praga; fece infine erigere molte chiese minori e finanziò varie opere di pregevole fattura artigianale: reliquiari e oggetti liturgici.

Malgrado avesse avuto più mogli non ebbe un Erede maschio e nel 1339, al congresso di Visegrád, definì con gli Angioini il diritto di successione al trono in caso di sua morte senza Figli per garantirsi il sostegno della dinastia magiara.

Nel 1369 confermò i diritti di Costoro al trono di Polonia e nel settembre del 1370, si recò nel suo castello a Przedbòrg per una battuta di caccia.

Il 9, inseguendo un cervo, il suo cavallo s’imbizzarrì: Egli cadde, riportando una ferita allo stinco sinistro. La frattura provocò febbre alta ma, sprezzante delle prescrizioni mediche, alla fine di ottobre rientrò a Cracovia ancora febbricitante.

Il 3 novembre dettò il testamento e il 5 morì.

Subito dopo il suo funerale, Luigi d'Ungheria partì da Buda e raggiunse la capitale polacca venendo incoronato sempre a Cracovia nella cattedrale del Wawel.

Si era estinta la dinastia dei Piast.

Prole

Casimiro contrasse quattro matrimoni:

con Aldona di Lituania nel 1325, avendone due figlie: Elisabetta, moglie di Boghislao V della Pomerania occidentale e Cunegunda maritata a Ludovico VI di Baviera;

con Adelaide d'Assia nel 1341 ma, per mancanza di prole, chiese lo scioglimento del vincolo;

con Cristina Rokiczana sposata morganaticamente, così proponendosi Bigamo per essere già unito ad Adelaide d'Assia;

con Edvige di Zagań, dalla quale ebbe Anna coniugata al Conte di Celje Guglielmo, un’altra Cunegunda ed Edvige maritata al Duca Basilio Czartoryski.

Lo Storico Oswald Balzer assume che dalla Cortigiana Cudka nascessero tre illegittimi: Niemierza; Jan; Pełkę.

Il Cronista Janko da Czarnków menziona due Figli naturali.

Jan Długosz riferisce di una tale Esterka scrivendone nel 1356: “….Re Casimiro … prese… come concubina una donna ebrea di nome Esterka… dalla quale ebbe due figli: Niemierza e Pełka...”

Bibliografia

J. Lukowski e Hubert Zawadzki, Polonia. Il paese che rinasce

J. Wyrozumski, Kazimierz Wielki

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